Una specie di introduzione.
[Leggi anche il comunicato: "Su Montagna Longa nessun progetto politico"]
Un dossier che compone la storia con: L'ipotesi di un attentato subito respinta negli anni cruciali della strategia della tensione. Il rapporto del vice questore di Trapani Giuseppe Peri. Dati sulla strategia della tensione in Sicilia. Le Indagini di Giovanni Spampinato. La sua corrispondenza con la giornalista de "L'Ora" Angela Fais. Maria Eleonora Fais. Una vita alla ricerca della verità.
– di Nicola Monterosso
E' il 1972. Un anno difficile da dimenticare. Un aeromobile DC 8 dell'Alitalia, il volo AZ 112 Roma – Palermo si schianta sul costone della Montagnalonga, fra Cinisi e Carini, a circa 5 miglia nautiche a Sud dell'aeroporto di Punta Raisi. Muoiono 115 persone lasciando 98 orfani e 50 vedove. Tra le vittime i corpi di un giudice, di due giornalisti, di un paio di militari e di qualcuno che si pensò fosse dei servizi segreti. Qualche altro non fu mai identificato. Molti di loro tornavano a casa per votare. Era l'ultima sera di campagna elettorale. Rimarrà negli archivi della memoria come la più grave tragedia nella storia dell'aviazione civile italiana.
A guidare l'aereo ci sono piloti di lunga e provata esperienza di volo. Roberto Bartoli e Bruno Dini. Con loro il motorista Gioacchino Di Fiore, anch'egli con il brevetto di 3° grado che lo aveva abilitato al pilotaggio di grossi aerei.
L'aeromobile, con a bordo 108 passeggeri e 7 membri dell'equipaggio, alle ore 21,46 decolla dalla pista di Fiumicino. Intorno alle ore 22,25 è sulla verticale dell'aeroporto palermitano a 5.000 piedi ed il bollettino meteorologico di Palermo Punta Raisi segna «calma di vento, visibilità 5 Km.».
La signora Eleonora Fais, che da trentaquattro anni, senza mai desistere, insegue la verità su quel disastro aereo, ricostruisce minuziosamente il tragico avvenimento e con esso la storia di un'inchiesta rimasta in superficie. In quell'aereo, insieme a tanta gente, perse la vita la giovane sorella Angela, segretaria di redazione de "L'Ora" che viaggiava col redattore politico de "L'Ora" Alberto Scandone.
Su Montagnalonga, dopo 3 processi e un'istanza di riesame, respinta nell'ottobre 2001 dal giudice di Catania Peroni Ronchet, se non si vuole prendere per buona la "verità" emersa nelle Aule di Giustizia, risultata a dir poco improbabile, non ci sono ancora verità e responsabilità.
L'8 maggio 1972, in una nota di agenzia della Reuter affiorò l'ipotesi della bomba, ma le indagini e le istruttorie che si susseguirono la scartarono del tutto.
Nonostante, all'indomani del grave evento, circolasse diffusamente in ambito giornalistico la notizia che si trattava di un atto stragísta e non di incidente di manovra – circostanza immediatamente riferita ai Fais da una loro antica amica di famiglia, anche lei giornalista collaboratrice de "L'Ora" -, calò un improvviso silenzio, seguito da affrettate e incalzanti smentite.
Le famiglie Fais e Salatiello e la moglie e i familiari di Bartoli, costituitisi parti civili, nell'immediatezza dei disastro, contro i responsabili aeroportúali dell'epoca, i funzionari dell'Alitalia, dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti, costrinsero la magistratura catanese a chiamare in giudizio quest'ultimi, i quali furono in seguito tutti assolti.
L'ipotesi di una bomba a. bordo, subito scartata, fu invece raccolta dal rappresentante dei piloti Anpac nella prima commissione di indagine.
Il 27 giugno 1972, a 15 giomi dalla firma dei decreto di incarico dell'allora ministro Oscar Luigi Scalfaro, il colonnello Francesco Lino «che non aveva alcuna esperienza di volo» – puntualizza la Fais -, aveva già concluso per l'errore umano, nonostante il comandante Ferretti, membro della commissione d'inchiesta ministeriale, a nome dei piloti Anpac, avanzasse il sospetto di una esplosione nella carlinga.
La commissione, in base alle norme che regolano i rapporti tra Alitalia e Ministero dei Trasporti, avrebbe dovuto prevedere una composizione di 13 membri, di cui 3 appartenenti all'Anpac Ma il colonnello Lino la limitò a 11, escludendo, quindi, due piloti.
Sui piloti si rovesciarono accuse di inesperienza e tasso alcolico elevato. Sul Bartoli si riversarono accuse di distrazione, in particolare «evidenziatasi nel corso della giornata, a causa di annebbiamento cerebrale dovuto a droga o alcool». Versíone infamante, poi smontata dalla perizia dei prof. Ideale Dei Carpio. dirigente dell'Istituto di Medicina Legale di Palermo.
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