Ecco chi c’e’ dietro le stragi/Quello strano provvedimento [di Maurizio Macaluso – Quarto Potere – 26 aprile 2007]
Il 5 maggio del 1972 un aereo precipitò sulle montagne di Palermo provocando 115 vittime. Alla vigilia del trentacinquesimo anniversario, l'ex estremista Alberto Stefano Volo ha deciso di uscire allo scoperto
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Ci sono i nomi di personaggi potenti, ci sono le prove del loro coinvolgimento nella strategia della tensione. La verità sugli anni bui che hanno sconvolto l'Italia è contenuta in un memoriale. Un documento esplosivo custodito in mani sicure in un luogo segreto. L'uomo che l' ha scritto è oggi un uomo vecchio e malato che chiede di essere dimenticato e lasciato in pace. Alberto Stefano Volo, ex estremista di destra, vive su una sedia a rotelle. In quel memoriale ha scritto tutto ciò che sa. Segreti inconfessabili che ancora oggi scuoterebbero i Palazzi del Potere. Se un giorno verrà ucciso il documento sarà consegnato all'autorità giudiziaria. È questo il patto segreto che ha fatto per avere salva la vita.
In questi anni Alberto Stefano Volo ha tentato di rifarsi una vita e di lasciarsi per sempre alle spalle queste vicende. Mai una parola o un semplice accenno al passato, a ciò che ha scritto in quel memoriale. Ora però ha deciso di uscire allo scoperto e di parlare. Una decisione sofferta assunta alla vigilia di un anniversario importante. Il 5 maggio di trentacinque anni fa un aereo di linea precipitò sulle montagne di Palermo pochi minuti prima dell'atterraggio. Otto membri dell'equipaggio e centoundici passeggeri persero la vita. Su quell'aereo avrebbe dovuto esserci anche Alberto Stefano Volo. Il giorno dopo il disastro il suo nome figurava nella lista delle vittime. L'ex estremista però non salì mai su quell'aereo. Alcuni minuti prima del decollo decise di posticipare la partenza. Secondo Maria Eleonora Fais, sorella di una delle vittime, che da alcuni anni indaga sulla vicenda, Alberto Stefano Volo sarebbe a conoscenza di importanti segreti. "L'aereo è stato abbattuto", avrebbe rivelato l'ex estremista nel corso di un incontro riservato con la donna. Alberto Stefano Volo, però, nega.
Dopo avere letto gli articoli pubblicati su questo settimanale ha deciso di rompere il proprio silenzio e di parlare. Vuole dire pubblicamente che non sa nulla di questa storia. Tutto ciò che ha riferito non è il frutto di conoscenze dirette ma di semplici deduzioni. Tutto ciò sa è che quel maledetto aereo è precipitato e che centoquindici persone hanno perduto la vita. "Non ho mai detto di conoscere la verità", dice. Alberto Stefano Volo ha militato per lunghi anni in Gladio, la struttura paramilitare costituita negli anni Cinquanta dal governo italiano per impedire un'eventuale presa del potere da parte dei comunisti. Ha fatto parte di gruppi dell'estrema destra partecipando anche ad attività sovversive. "Non mi sono mai sporcato le mani di sangue", puntualizzata orgoglioso. "Sono sempre stato tra i più moderati. Altro che attentati, stragi, morti. Sono stato ingiustamente coinvolto nel processo per la strage di Bologna. Un insulto alla mia intelligenza ed a ciò in cui credevo. Alla fine sono stato assolto. Alcuni miei ex compagni hanno tentato di uccidermi. Sono riuscito a sopravvivere. Ho promesso che non avrei mai parlato e non intendo farlo ora. Ho deciso di intervenire pubblicamente solo per smentire che io sia a conoscenza di importanti segreti riguardanti la vicenda di cui vi state occupando".
La sera del 5 maggio del 1972 avrebbe dovuto imbarcarsi sull'aereo diretto a Palermo. Perché alcuni minuti prima del decollo decise di non partire?
"In quel periodo vivevo in Liguria. Ogni venerdì tornavo a Palermo per far visita ai miei figli che vivevano con la mia ex moglie. All'aeroporto di Roma conobbi una hostess. Facemmo amicizia. Lei mi chiese di trascorrere la serata assieme. Pensai che se anche fossi partito la mattina seguente sarei giunto in tempo per vedere i miei bambini e quindi decisi di trascorrere la notte nella Capitale. La mattina seguente appresi che l'aereo era precipitato".
Nessuno le consigliò di non partire? Nessuno la informò che quell'aereo non sarebbe mai arrivato a destinazione?
"Mi sono salvato solo per un caso. Credo che, se si è trattato realmente di un attentato, gli attentatori avevano tutto l'interesse a che io salissi su quell'aereo. Se il mio nome figurava nell'elenco delle vittime si sarebbe affermato che questa era una strage fascista".
Si è detto invece che è stato un incidente. L'ipotesi dell'attentato non è mai stata neanche esaminata dagli inquirenti. Secondo lei, quale è la verità?
"Ho sempre pensato che si sia trattato di un attentato. Tutti i passeggeri furono trovati senza scarpe. Una procedura che viene adottata solo quando ci si prepara ad affrontare un atterraggio di emergenza. Non si può continuare a sostenere, dopo trentacinque anni, che il pilota era ubriaco. Oggi vi sono le tecnologie e gli strumenti attraverso i quali sarebbe possibile accertare la verità. Credo che qualcuno prima o poi debba decidersi a riaprire questa indagine".
Alcuni viaggiatori riferirono che la sera del 5 maggio c'era una particolare tensione in prossimità dei punti d'imbarco. Tutti i passeggeri ed i bagagli venivano sottoposti ad attente perquisizioni. Secondo lei, sarebbe stato possibile imbarcare una bomba a bordo dell'aereo senza essere scoperti?
"Non c'era alcun controllo serrato. Credo che se qualcuno avesse voluto avrebbe potuto portare sull'aereo anche un elefante".
Secondo il commissario Giuseppe Peri, un funzionario di polizia di Trapani che negli anni Settanta indagò su questa ed altre vicende, l'aereo sarebbe stato fatto esplodere da estremisti di destra che intendevano destabilizzare il Paese alla vigilia delle elezioni politiche.
"Credo che l'intuizione di Giuseppe Peri fosse giusta. In quegli anni era in corso la strategia della tensione. Non bisogna però attribuire a queste vicende un determinato colore politico. Non è una questione di destra o di sinistra ma di soldi e potere. L'obiettivo di coloro che ci manovravano non era certo quello di destabilizzare il Paese. Volevano prendere il potere attraverso la magistratura. Ho fatto parte di un gruppo di estremisti che aveva la propria sede a Palermo. Eravamo stati incaricati di preparare, con altri gruppi, un golpe. Il mio capo in quel periodo era un giudice. Non sto rivelando alcun segreto. È una notizia ufficiale. Se va a rileggere i giornali dell'epoca troverà conferma di tutto ciò che le sto dicendo".
Lei ha riferito a Maria Eleonora Fais che Stefano Delle Chiaie, noto esponente della destra eversiva, leader di Avanguardia Nazionale, è a conoscenza della verità sul disastro aereo di Palermo. Come può sostenere ciò se, come lei sostiene, non sa nulla di questa vicenda?
"La signora mi ha chiesto chi potrebbe essere a conoscenza della verità. Io, basandomi sulle mie conoscenze, le ho indicato il nome di Stefano Delle Chiaie, che, guardacaso, è libero, protetto e garantito".
Nel suo memoriale non c'è alcun accenno a questa vicenda?
"No. Cosa avrei potuto scrivere se non sono a conoscenza di nulla?".
Lei però ha parlato, nel corso dell'incontro riservato con la signora Maria Eleonora Fais anche della strage di Ustica sostenendo che secondo lei si tratta di un attentato. Lo conferma?
"Marco Affatigato, noto esponente fascista, avrebbe dovuto imbarcarsi su quell'aereo. Alcuni minuti prima del decollo decise di non partire e l'aereo precipitò. Nei primi giorni si disse che era stata una strage fascista. Tutti se ne sono dimenticati".
Ma chi c'era dietro queste stragi?
"I potenti. Coloro che governavano e che continuano a governare. Se volete scoprire la verità non cercate me ed i miei compagni. Andate nelle loro eleganti case e troverete le prove di ciò che sto affermando. Ma state attenti. Questa è gente pericolosa che non guarda in faccia nessuno".
Maurizio Macaluso
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Quello strano provvedimento
Il 12 giugno 1972 il ministro Oscar Luigi Scalfaro nomina una commissione d'inchiesta per chiarire le cause del disastro. La commissione, presieduta dal generale Francesco Lino, impiega appena cinque giorni per completare le indagini ed arriva ad una conclusione clamorosa. Il disastro aereo nnn è stato frutto di una tragica fatalità ma del comportamento sconsiderato dei piloti. Il comandante Roberto Bartoli ed il suo secondo erano ubriachi.
A pagina quarantatré della relazione della commissione d'inchiesta si legge: "Il comandante Roberto Bartoli, che assicurava il collegamento radio con gli enti del traffico aereo, ha commesso molte imprecisioni sia nella forma che nel contenuto dei messaggi. Imprecisioni indicative di una poca concentrazione nel disimpegno delle mansioni come se si fossero affievoliti, per motivi imprecisabili, i normali processi della sfera intellettiva". E' una conclusione che scatena aspre polemiche.
Roberto Bartoli era un pilota esperto con alle spalle oltre novemila ore di volo. Aveva fatto scalo a Palermo altre cinquantasette volte senza mai commettere errori. Dall'autopsia effettuata sul suo corpo non erano emerse anomalie. Al momento del decollo da Roma e durante tutto il volo si era comportato normalmente svolgendo correttamente tutte le operazioni. I familiari di Roberto Bartoli e delle altre vittime si mobilitano contestando apertamente le conclusioni della commissione. Ci sono troppi punti oscuri che non sono stati chiariti.
La commissione non ha tenuto conto delle condizioni della struttura aeroportuale e del sistema di radio assistenza, ritenuto assolutamente inattendibile. Scarso risalto è stato dato anche al cambio dei radiofari operato appena quattro mesi prima del disastro aereo. Numerosi piloti, dopo l'incidente, hanno ammesso che non ne erano a conoscenza. E' possibile che anche Roberto Bartoli non sapesse che i radiofari erano stati sposati? E' possibile che il pilota romano abbia commesso questo errore provocando il terribile incidente? Ma si è trattato realmente di un incidente? I primi dubbi emergono alcune settimane dopo il disastro. Il 4 maggio del 1972, appena ventiquattro ore prima della tragedia, il capo della ripartizione trasporti aveva inviato una nota all'ufficio controllo traffico nazionale con la quale annunciava di sospendere tutti i controlli effettuati prima delle partenze degli aeromobili.
La vicenda viene denunciata il 30 maggio del 1972, con un'interrogazione, da undici parlamentari. "Poiché nel citato ordine è detto che le autorizzazioni alla partenza degli aeromobili debbono intendersi date una tantum – scrivono i parlamentari – con tale disposizione, il capo ripartizione ha autorizzato preventivamente tutte le partenze dei voli, senza i prescritti e singoli controlli da parte dell'aviazione civile, per cui, in seguito a tale disposizione, la torre di controllo, che dipende com'è noto dal Ministero della Difesa può disporre la partenza di tutti gli aerei senza l'autorizzazione che veniva concessa in precedenza dopo i controlli previsti dal codice di navigazione aerea. Considerato che tale ordine appare, palesemente, illegittimo e mina l'adempimento dei compiti istituzionalmente devoluti dal codice della navigazione al direttore dell'aeroporto, a garanzia di un pubblico servizio così delicato quale è il traffico aereo, non consentendo più il compimento dei controlli stabiliti dalle legge prima dell'autorizzazione alla partenza degli aeromobili, controlli che sono fondamentali per la sicurezza della navigazione aerea e riguardanti l'aeromobile, l'equipaggio, il carico; stante il dettato e gli scopi di sicurezza voluti dalla legge per ogni partenza di aeromobile; ritenendo che non è assolutamente consentito ad una direzione di aeroporto di ritenere autorizzate, una volta per tutte, le partenze degli aerei; gli interroganti chiedono al ministro se non ritenga di disporre l'annullamento dell'ordine in questione ripristinando la piena legittimità dell'autorizzazione prima della partenza dell'aeromobile da parte della direzione dell'aeroporto di Fiumicino e curando che i responsabili della ripartizione rispettino le leggi che regolano la navigazione aerea".
Perché l'amministrazione dell'aviazione civile rinunciò, inspiegabilmente, ad effettuare i controlli previsti dalla legge? Senza controlli chiunque avrebbe potuto salire su un aereo e collocare una bomba senza correre il pericolo di essere scoperto. Nessuno però ha mai parlato di bombe.
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