Sembrava esplosivo ma era marmellata/La mafia non c’entra [di Maurizio Macaluso – Quarto Potere]
Un pregiudicato alcamese, Nicolò Ruisi, fu arrestato nel 1974 a La Spezia, con l'accusa di detenzione di esplosivo. Secondo gli inquirenti, l'ordigno doveva servire per compiere un attentato terroristico
Una valigia piena diesplosivo pronta a saltare in aria. Nicolò Ruisi, pregiudicato alcamese legato all'estrema destra, viene fermato nel 1974 dalla polizia a La Spezia. E' in possesso di un ordigno. Secondo la stampa, intendeva compiere un attentato. Inquirenti e politici però si affrettano a smentire negando ogni suo legame con gruppi terroristici dell'estrema destra. Trentatré anni dopo questa vicenda non è ancora stata chiarita. Sospetti ed ipotesi s'intrecciano con le trame nere che hanno scosso in quegli anni l'Italia. Erano anni terribili. In numerose città italiane si erano verificati attentati ed omicidi. Il 28 maggio del 1974 una bomba esplose in Piazza della Loggia, a Brescia, durante una manifestazione sindacale, provocando otto morti e novantaquattro feriti. Il 4 agosto un altro ordigno piazzato su un treno diretto da Roma a Monaco provocò dodici morti e centocinque feriti. Anche in Liguria il clima era teso.
Il 28 settembre a Genova due militanti dell'estrema destra rimasero feriti nell'esplosione di una bomba che stavano preparando. Il 9 novembre un ordigno esplose in un ufficio pubblico di Savona senza provocare fortunatamente vittime. Tre giorni dopo un'altra bomba esplose in una scuola. Il 16 novembre, nella stessa città, alcuni terroristi fecero saltare un tratto dei binari poco prima dell'arrivo di un treno. Anche in questi due casi non si registrarono vittime. Quattro giorni dopo però i terroristi alzarono il tiro facendo saltare un intero condominio nel centro di Savona, provocando due morti e numerosi feriti. La polizia cercava di fronteggiare l'offensiva dei terroristi tentando di prevenire qualunque attentato.
Ogni giorno venivano effettuate perquisizioni. Durante un blitz nella stazione di La Spezia fu rinvenuta, all'interno del deposito dei bagagli, una valigia piena di esplosivo. La polizia fermò due pregiudicati, Nicolò Ruisi, alcamese al soggiorno obbligato in Liguria, e Sergio Faleni, di Ceparana di Bolano. Secondo il questore di La Spezia, il ritrovamento della carica di esplosivo doveva inquadrarsi nel solco delle trame eversive di destra. I due pregiudicati, sottolineò il funzionario di polizia in una nota inviata al Ministro dell'Interno, erano elementi di estrema destra facenti parte di un'organizzazione eversiva con ramificazioni in tutto il settentrione, che operava con il fine di spargere terrore tra la popolazione e destabilizzare il Paese. Nicolò Ruisi aveva precedenti penali per reati contro il patrimonio. Nel 1970 era stato fermato con l'accusa di avere trasportato, all'interno di un cinema di Alcamo, materiale esplosivo.
Lo stesso anno era stato indiziato di collegamenti con la mafia ed era stato sottoposto a misura di sorveglianza speciale per due anni, con divieto di soggiorno in Sicilia. Gli investigatori ipotizzarono che alcuni gruppi terroristici avessero sancito un'alleanza con la mafia siciliana. Un'ipotesi che destò grande clamore provocando dure polemiche. Da più parti si sollevarono dubbi. Il 2 dicembre del 1974 l'onorevole Beppe Niccolai, del Movimento Sociale Italiano, presentò un'interrogazione ai Ministri dell'Interno e di Grazia e Giustizia per sapere "a quali conclusioni erano pervenute le indagini, in relazione alle clamorose e terrorizzanti notizie pubblicate a tutta pagina dalla stampa nazionale, circa il ritrovamento a La Spezia di una valigia zeppa di esplosivo".
Il parlamentare avanzò dubbi sull'attendibilità delle ipotesi formulate dagli investigatori liguri e sul loro operato. "Chiedo di sapere – disse – se è esatto che il Ruisi si è sempre distinto, anziché nell'ordire trame nere, nella pesca di frodo, nel traffico di valuta e nella protezione di prostitute e se è altresì esatto che, per ingraziarsi la locale questura, abbia inventato il passaggio, in zona, di esplosivo destinato alle trame nere e, poi, messo alle strette, abbia ideato di portare nel bagagliaio della stazione la valigia, di cui tanto si è parlato, valigia che, anziché, essere zeppa di micidiale esplosivo, conteneva barattoli di marmellata pieni di polvere del tutto innocua".
Il parlamentare si spinse oltre, avanzando durissime accuse nei confronti degli investigatori liguri. "Chiedo di conoscere i motivi per i quali alla questura di La Spezia – disse – è del tutto inesistente, sia il questore, sia il responsabile della politica, in quanto chi impera e chi decide è il responsabile della mobile, famoso per prendere cantonate terribili". Anche la Commissione parlamentare antimafia, durante una visita a Palermo, si occupò della vicenda. "Non è emerso, finora, alcun possibile collegamento tra la mafia e le trame nere, né in ordine ai sequestri, né in ordine ad altri crimini ed attività illecite", disse il colonnello Salvatore Rovelli, comandante della Legione dei carabinieri di Palermo. "Ancora oggi non sono pochi i mafiosi che manifestano risentimento verso la repressione operata nei loro confronti dal passato regime. La mafia, tradizionalmente o per opportunismo, è sempre legata ai centri di potere e non a quelli ipotetici o futuribili".
"Circa gli arresti operati a La Spezia di alcuni individui indicati dalla stampa quali mafiosi in collegamento con le trame nere – aggiunse l'ufficiale – è da dire che Nicola Ruisi di Alcamo è un individuo senza scrupoli proclive alle delazioni, piuttosto ambiguo. Data la personalità del soggetto l'episodio di La Spezia non è da considerarsi indicativo e non è da escludere altresì che l'esplosivo trovato in suo possesso sia stato trasportato di iniziativa, o su commissione, anche per fini estorsivi. Si è da sottolineare, a questo punto, che le indagini sinora esperite sull'anonima sequestri non hanno, in alcun modo, fatto emergere possibili collegamenti tra l'organizzazione mafiosa e le trame nere e, pur non potendo escludere che singoli mafiosi possano anche gravitare verso movimenti o partiti di destra, è certo che l'organizzazione mafiosa, nella sua quasi totalità, continua a fornire ogni appoggio elettorale ai partiti di potere". "Nulla è da riscontrare, in provincia di Trapani, in ordine ad un collegamento fra ambienti mafiosi e trame nere", confermò il questore Vincenzo Immordino.
"L'arresto a La Spezia del mafioso alcamese Nicola Ruisi non può essere assunto ad indice di un rapporto fra la mafia trapanese e gruppi eversivi in quanto il Ruisi, che peraltro in Alcamo era stato vicino a gruppi politici di opposte tendenze, è da considerare un elemento di infimo ordine nella gerarchia mafiosa e, nel caso in esame, sostanzialmente un apprezzolato trafficante di esplosivo".
"Può escludersi, allo stato, un collegamento della mafia con le trame nere", disse il procuratore di Trapani Giuseppe Lumia. "A giudizio degli organi di polizia, l'arresto a La Spezia dell'alcamese Nicola Ruisi, implicato in tali trame, non sembra indicativo, trattandosi di un pregiudicato disponibile ad ogni impresa criminosa e non qualificabile ideologicamente". Gli inquirenti furono concordi e decisi nello smentire qualunque collegamento tra la mafia e terroristi. Già da alcuni anni in Sicilia, però, operavano personaggi di primo piano dell'estrema destra. Nella primavera del 1972 un giovane giornalista, Giovanni Spampinato, assassinato nell'autunno dello stesso anno, aveva pubblicato diverse inchieste sui neofascisti del sud est siciliano, sui loro rapporti con la mafia e gli affari del contrabbando raccontando di frequenti visite a Ragusa del latitante neofascista Stefano Delle Chiaie. Il cronista era amico di Angela Fais, una giovane giornalista morta il 2 maggio del 1972 nel disastro aereo di Montagna Longa. I due erano in contatto e collaboravano ad alcune inchieste riguardanti le trame nere. Anche nella Sicilia occidentale era stata segnalata la presenza di estremisti di destra. Nella primavera del 1974 erano state rinvenute, alle pendici di Erice, tracce di un campo paramilitare. E' possibile che gli inquirenti non fossero a conoscenza di queste circostanze?
Due anni dopo, nella primavera del 1976, un'ondata di violenza investì il territorio di Alcamo. Due personaggi politici e due carabinieri caddero sotto i colpi di spietati sicari. Giuseppe Peri, dirigente del commissariato di Alcamo, ipotizzò che gli attentati fossero stati compiuti da gruppi terroristici di estrema destra con la complicità di personaggi mafiosi e sostenne la tesi di un collegamento tra vicende accadute in quegli anni in Sicilia ed in Liguria. L'8 giugno del 1976 un commando aveva ucciso, a Genova, il procuratore generale Francesco Coco e gli uomini della sua scorta. Un mese dopo, il 10 luglio del 1976, un altro commando aveva assassinato, a Roma, il magistrato Vittorio Occorsio. Giuseppe Peri ipotizzò che l'uccisione dei due magistrati fosse maturata nell'ambito della stessa strategia della tensione portata avanti dai gruppi di estrema destra. Francesco Coco stava indagando sulla morte del procuratore Pietro Scaglione e del suo autista, assassinati il 5 maggio del 1971 a Palermo.
Il magistrato ligure aveva avuto dei contatti con il collega Vittorio Occorsio con il quale erano avvenuti numerosi scambi di informazioni. Giuseppe Peri ipotizzò che Francesco Coco era stato assassinato per evitare che individuasse i responsabili dell'uccisione di Scaglione. Secondo il funzionario di polizia, la rivendicazione pervenuta dopo l'agguato, secondo cui l'attentato era opera della Brigate Rosse, era un tentativo di depistaggio. "Un'orda di criminali nostrani – scrisse il funzionario di polizia – ha insanguinato l'Italia patria dei più illustri geni dell'umanità. Non si può credere che l'omicidio del procuratore generale di Genova Francesco Coco sia stato consumato da elementi di quelle forze eversive che l'hanno poi rivendicato. Si è voluto con questi omicidi, consumati alcuni giorni prima delle elezioni del 20 giugno 1976, colpire ulteriormente lo Stato dopo l'omicidio del procuratore Scaglione. Il bluff del colore politico degli esecutori che hanno rivendicato detto omicidio e quello dei due militari della scorta potrebbe ingannare ancora gli inquirenti se non si sapesse che Pierluigi Concutelli, come risulta dal relativo verbale di sequestro, era anche in possesso di una tessera di iscrizione al Partito Comunista Italiano, rilasciata al nome di Castelli, per mimetizzare il suo colore politico e sviare l'indirizzo delle indagini sui crimini da lui commessi".
L'ipotesi formulata dall'investigatore fu ritenuta inattendibile dai superiori. Giuseppe Peri fu accusato, come il dirigente della squadra mobile di La Spezia, di avere preso una terribile cantonata.
Maurizio Macaluso
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La mafia non c'entra
"Non abbiamo rilevato alcun collegamento di elementi mafiosi con le trame nere ed in genere con eventuali disegni eversivi". Il procuratore di Palermo Giovanni Pizzillo fu chiaro. Interpellato il 17 dicembre del 1974 dai componenti della Commissione parlamentare antimafia, in visita in Sicilia, escluse qualunque coinvolgimento della mafia in attività eversive. Giovanni Pizzillo aveva condotto, nelle prime fasi, l'inchiesta sull'aereo schiantatosi il 5 maggio del 1972 sulle montagne di Palermo. Un disastro in cui avevano perduto la vita centoquindici persone. Nonostante l'ipotesi di un attentato avanzata da alcuni organi di stampa e la presenza di alcuni indizi che avrebbero potuto fare propendere per questa tesi Giovanni Pizzillo non aveva ritenuto opportuno disporre alcuna perizia balistica.
"Nessuna considerazione è dato esprimere, trattandosi di fatti che non rientrano nella sfera di conoscenza diretta di questo ufficio, in ordine a possibili collegamenti di elementi mafiosi con le trame nere", disse il magistrato durante l'audizione dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia. "In nessuno dei casi venuti a cognizione di questa autorità giudiziaria si sono evidenziati riscontri inequivocabili di intrecci o di interessi fra mafia ed organizzazioni eversive".
Trent'anni dopo un ex estremista di destra ha rivelato che quel disastro aereo sarebbe opera di un gruppo di terroristi di estrema destra che intendeva destabilizzare il Paese.
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