Home > Dossier di Nicola Monterosso > Trame, stragi, coperture e depistaggi [8]

Trame, stragi, coperture e depistaggi [8]

23 Dicembre 2006

Chi erano e come operavano gli uomini preposti a vigilare su quella "sicurezza interna del Paese" dalla quale non sono esclusi i cieli d'Italia?

E' oramai noto come il nazista Delle Chiaie intratteneva i suoi rapporti più alti con colui che nel 1972, anno della strage di MontagnaLonga, era alla guida dell'Ufficio Affari Riservati del Ministero dell'Interno: Federico Umberto D'Amato. D'Amato, morto l'1 agosto 1996, è tornato alla ribalta alla fine di quello stesso anno con il ritrovamento in una palazzina sulla via Appia, alla periferia di Roma, di circa 150 mila fascicoli non catalogati (e forse già depurati dei documenti più compromettenti).

Oltre ai documenti c'e' anche il quadrante di un timer utilizzato per l'attentato del 9 agosto 1969 sul treno Pescara – Roma, attuato personalmente da Franco Freda). I documenti, ritrovati il 4 ottobre 1996 da Aldo Giannuli, esperto nominato dal Giudice Salvini, costituiscono un archivio parallelo del Viminale nel quale sono racchiuse moltissime delle storie legate all'attività di spionaggio interno. L'archivio segreto non è stato distrutto, ma depositato alla rinfusa in una sorta di magazzino. Forse per tenerlo disponibile in caso di future utilizzazioni oppure fatto trovare dopo la morte di D'Amato.

Nel 1987 Delle Chiaie viene fermato a Caracas. Finisce così la sua latitanza durata 17 anni. Contro di lui è stato spiccato un mandato di arresto internazionale. Le accuse? Strage dell'Italicus, associazione sovversiva, rapina, concorso nella strage di Piazza Fontana, banda armata. Viene processato in Italia nell'ottobre 1987, con Massimiliano Fachini, dalla Corte d'Assise di Catanzaro. Il 20 febbraio 1989, i due vengono assolti con formula piena dopo 90 udienze. Sentenza confermata in appello il 5 luglio 1991.

Il contesto politico statuale degli anni 1969 – 1974 è fortemente caratterizzato dall'uso strategico del neofascismo ad opera dei servizi segreti e di apparati istituzionali che ricorrono a una strategia della tensione che coinvolge i ministeri dell'interno, della difesa e la presidenza del consiglio. Valutanto quale fosse in quegli anni lo stato di salute della democrazia italiana e constatando come il Rapporto Peri, che apre nuovi scenari su MontagnaLonga, sia stato ignorato, è legittimo allora chiedersi come per Piazza Fontana, della quale è noto lo scandaloso esito giudiziario, se i limiti dell'inchiesta su MontagnaLonga siano attribuibili al timore di scoprire verità innominabili, ben celate in quel "porto delle nebbie", concepito dalle stesse istituzioni preposte a salvaguardare la "sicurezza della nazione", dove sono approdati tanti casi e tante vicende del nostro passato più recente. E' un quinquennio che si apre con la strage di Piazza Fontana e si chiude con la strage di Piazza Della Loggia, passando per l'Italicus. Lo stesso vale per quegli "strani incidenti" che avvengono nello stesso arco di tempo. Alcuni dei quali, come il deragliamento del treno "Freccia del Sud" (Gioia Tauro, 22 luglio 1970: sei morti e centotrentanove feriti. Tra Piazza Fontana e il golpe Borghese), per il quale la polizia denuncia i macchinisti, ignorando la pista dell'attentato di matrice fascista che sarà poi svelata negli anni a seguire, è ormai accertato che sono state stragi. Nel 1993 il pentito Giacomo Lauro rivela che il deragliamento di Gioia Tauro è stato ferito dalla 'ndrangheta su commissione del "Comitato d'azione per Reggio capoluogo". Le numerose frequentazioni reggine a casa del marchese Felice Zarbi, uno dei finanziatori dei fascisti, da parte di Junio Valerio Borghese e Stefano Delle Chiaie, in trasferta in Sicilia nel 1972, confermano che c'era un piano preciso per destabilizzare il paese a partire dal sud, dopo l'inizio da nord della strategia della tensione.

Siamo in un contesto nazionale in cui una parte consistente dell'apparato statale è coinvolta nella strategia della tensione. Una fase in cui, come afferma il giudice Salvini, che dal 1989 al 1997 ha condotto le indagini sull'eversione si destra e su Piazza Fontana: "La presenza di settori degli apparati dello Stato nello sviluppo del terrorismo di destra, non può essere considerato "deviazione", ma normale esercizio di una funzione istituzionale". (Luciano Lanza. Bombe e segreti. Piazza Fontana 1969. Edizioni Eleuthera. Pag. 8).

Nel maggio del '70 era stato pubblicato a cura dell'editrice Samonà – Savelli "La strage di State". E' un atto d'accusa basato su prove e fatti concreti, che muove da una controinchiesta per fare luce sulla strage di Piazza Fontana. La strage è inserita nel quadro della strategia della tensione: i fascisti sono lo strumento, lo Stato e i servizi segreti la longa manus della trama.

"Alla guida di quel centro di spionaggio e di potere" che è l'ufficio affari riservati del ministero dell'interno "c'e' Federico Umberto D'Amato […] nel 1945 gestisce i contatti con i servizi d'informazione della Repubblica di Salò. L'obiettivo è recuperare gli archivi dell'OVRA, la polizia segreta di Benito Mussolini. Nel 1957 entra al Viminale come semplice funzionario e all'ufficio affari riservati sale sino al massimo grado la scala gerarchica. Ma dopo la strage di Brescia, il 30 maggio 1974 D'Amato viene sostituito. Resta però al Viminale e di fatto controlla quell'ufficio, così come lo controllava anche quando i direttori erano Elvio Catenacci e Ariberto Vigevano, suoi superiori solo formalmente. Alla metà degli anni Ottanta deve andare in pensione; allora D'Amato trasferisce all'estero molti fascicoli importanti, frutto di decine di indagini tenute segrete […] Grazie al suo rapporto con Delle Chiaie e con molti altri esponenti del nazi-fascismo, è in grado di gestire l'attività dei gruppi dell'estrema destra. In pratica, Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, è teleguidato da D'Amato. Al tempo stesso l'uomo del Viminale rappresenta l'Italia nell'Ufficio sicurezza del patto atlantico, lo spionaggio della Nato. E così può controllare anche l'attività di uomini come Carlo Digilio, armiere del gruppo Ordine nuovo di Venezia, ma anche informatore della Cia e dei servizi di sicurezza della Nato […] D'Amato è quindi costantemente informato sull'attività di Zorzi e dei suoi alleati, Franco Freda e Giovanni Ventura. Anzi ne è il silenzioso promotore […] E se controlla Delle Chiaie, è pensabile che non sia a conoscenza del suo ruolo negli attentati a Roma il 12 dicembre 1969? Ed è infine D'Amato il protettore che permette a Delle Chiie di restare per 17 anni latitante. D'Amato è stato uno degli uomini più potenti d'Italia e forse non è un caso che i famosi 150 mila fascicoli ritrovati alla fine del 1996 siano stati scoperti dopo la sua morte". (luciano Lanza. Bombe e segreti. Pagg. 105-107).

Nella strategia del depistaggio politico e della creazione di prove false o nell'attuare provocazioni, l'ufficio Affari Riservati ha un valido alleato, con cui ha anche forti contrasti. Questo partner sta a Palazzo Baracchini, sede del SID.

Il 18 ottobre 1970 si siede sulla poltrona di numero uno del SID il generale Vito Miceli. Prende il posto dell'ammiraglio Eugenio Henke, che diverrà capo di stato maggiore dell'esercito. Nel giugno 1971, all'ufficio D del SID (il reparto più delicato), a sostituire il colonnello Federico Gasca Queirazza arriva il generale Gianadelio Maletti, che per le operazioni più segrete apre una base in via Sicilia 235, una traversa della famosa via Veneto, sotto il nome di Turris cinematografica. Qui opera un suo uomo: Antonio Labruna, capo del NOD, la struttura operativa del SID. Con questi nuovi capi i servizi segreti accentuano il loro ruolo nei depistaggi e nelle provocazioni.

Gli attentati che costellano l'Italia dal 1969 fino alla metà degli anni settanta (ma continueranno ancora) sono considerati propedeutici al colpo di Stato.  E se questo non viene attuato, ma sempre ventilato, ha comunque una funzione precisa: produrre un "riflesso d'ordine" che arresti le lotte operaie e studentesche che a partire dal '68, mettendo all'ordine del giorno una migliore qualità della vita, turbano sempre di più i sonni tranquilli della borghesia nostrana e mandano dei segnali forti, minacciosi alle forze d'opposizione. Prevarrà l'obiettivo dei più alti organi dello Stato di mettere fuori gioco gli avversari politici creando un clima di paura per perpetuare la centralità della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati.

"Chi sovrintende a questo moltiplicarsi di attentati e di preparativi di golpe è un distinto ingegnere, Hung Fendwich, che ha la sua base a Roma in Via Tiburtina. Ma non è un luogo segreto, come molti potrebbero pensare. No, è l'ufficio dove lavora, cioè la Selenia, società del gruppo STET (IRI). Fendwich, però, è la tipica eminenza grigia: studia, perfeziona piani, elabora analisi sulle situazioni socio-economico-politicge. Il lavoro operativo, quello che in gergo si chiama "lavoro sporco", lo compiono personaggi […] come il capitano David Carret, di stanza alla base FTASE (il comando Nato di Verona dal 1969 al 1974). Oppure il suo successore (fino al 1978), il capitano Theodore Richard della base di Vicenza. Sono questi gli uomini a cui fa capo Sergio Minetto, capostruttura degli informatori italiani della Cia. Cioè l'uomo a cui risponde Carlo Digilio, infiltrato nel gruppo di Ordine nuovo di Venezia". (Luciano Lanza. Bombe e segreti. Pag. 123).

ci sono state in quegli anni piste false e coperture istituzionali. fin dall'inizio. E' evidente che le indagini, nel sorso del tempo, sono state ostacolate dalla classe politica e dalla stessa magistratura. Sebbene centinaia di atti processuali parlino chiaro, dopo 36 anni non ci sono colpevoli per Piazza Fontana. Ma su MontagnaLonga si è indagato poco. Nessun grave interrogativo chiarito. No. Anzi. Sin dall'inizio, non vengono considerati, approfonditi ed esaminati quesgli elementi che potrebbero confermare o escludere la matrice dolosa del disastro. Ma ciò che è più grave, è stato ignorato, nascosto ed obliato quel rapporto di polizia che un funzionario coraggioso spedì alla magistratura, dopo aver subito un attentato e prima di essere emarginato ed "epurato". Al tempo di Peri, infatti, il Servizio Segreto Civile, non si chiama più Ufficio Affari Riservati ma continuerà a svolgere le stesse funzioni all'insegna della P2.

"Dalle stesse carte dell'archivio di via Appia – vera e propria miniera documentale – emerge anche l'attività di una vera e propria struttura parallela del Viminale nelle principali questure italiane. Si trattava di squadre non ufficiali che filtravano in partenza e in arrivo le notizie verso magistrati e che rappresentavano il terminale politico del ministero nelle questure". (Paolo Barbieri. Paolo Cucchiarelli. La strage con i capelli bianchi. La sentenza per Piazza Fontana. Editori Riuniti. settembre 2003 pag. 20).

Perchè il rapporto Peri non entrò mai nell'inchiesta su MontagnaLonga? A chi consegnò la "scatola nera" del DC8 dell'Alitalia, volo AZ 112 Roma – Palermo, l'allora capitano Giuseppe Russo quando si recò a Roma? Perchè le lettere che Giovanni inviò a febbraio e a marzo del 1972 non vengono citate nel libro di Mirone? L'ipotesi dell'attentato non fu allora formulata dagli allora vertici del Partito Comunista, che tuttavia chiese, in sette interrogazioni parlamentari, susseguitesi nel tempo, conto della pur grave decisione di erigere un aeroporto tra il mare e la montagna con le sue deficienze strutturali. Avendo presente il quadro storico di riferimento, nel quale imperversa l'arte del depistaggio e dell'inquinamento di prove, non si possono escludere pertinenti retroscena. Urge, quindi, un approfondimento scrupoloso per dare risposte certe e convincenti.

Gli ordinovisti condannati in primo grado all'ergastolo per Piazza Fontana sono stati definitivamente assolti, a fronte di testimonianze e di documenti rilevanti. La "strage dai capelli bianchi" farà ancora parlare di se'? E se quei morti rischiano di restare nell'oblio, ci sarà mai qualche speranza per quella che potrebbe profilarsi come un'altra "strage dai capelli bianchi"? L'Italia è un paese senza memoria.

E' rimasto un mistero per i Fais il fatto che Angela spostasse improvvisamente per la sera il suo viaggio di ritorno a Palermo, quando già la partenza era stata fissata per le ore 16.30 del 5 maggio. La sorella, la madre e i compagni di partito l'aspettavano alla manifestazione del pomeriggio che davanti al Teatro Massimo avrebbe chiuso l'ultimo giorno dei comizi. Maria Eleonora ricorda il suo sguardo costantemente puntato verso via Pignatelli Aragona, nella tranquilla certezza che da lì a poco Angelina sarebbe apparsa col suo sorriso di sempre. Poi l'angoscia della sera. La corsa al terminal di Via Libertà e all'aeroporto. La notizia devastante, il buio, anni e anni di tormento. 

I commenti sono chiusi.